“La questione meridionale è universale, riguarda il futuro del mondo”, è una delle affermazioni di Papa Francesco durante un’accorata intervista rilasciata al ‘Mattino’, per i 130 anni del quotidiano partenopeo, e su cui è necessario soffermarsi e riflettere.
Una lunga disamina, quella del Pontefice, che partendo da quei mondi di mezzo, descrive la disperazione dei tanti costretti a fuggire dalle proprie terre a causa della guerre o semplicemente emigrare in altri luoghi per realizzarsi, dei nuovi oppressi e di quella povertà che in un mondo globalizzato aumenta a dismisura, quasi inversamente proporzionale all’opulenza di una società che insegue sempre più l’apparenza perdendo di vista la sostanza e il senso delle cose e quindi anche l’essenza umana e il suo rapporto con la natura, questa sempre più “intossicata”, e arriva a toccare temi e questioni di un Paese, l’Italia, ancora oggi di difficile risoluzione.
La disuguaglianza diventa allora questione, “questione meridionale”, che torna sempre in auge in determinati periodi, come quello delle elezioni politiche e alla soluzione di quella mancanza di equità e perequazione che hanno reso, a torto, il Meridione la Cenerentola d’Italia, si fanno avanti gli slogan di partiti e politici di turno. Ed è politico il discorso del Papa, ma la politica intesa come politikḗ, cioè l’arte di governare insieme e per il bene comune, e allora Francesco guarda al sud d’Italia ma pensa a tutti i sud del mondo, che vivono vicende diverse ma condividono la stessa storia: di un mancato sviluppo, di un progresso che tarda ad arrivare, di occasioni e opportunità mancate o defraudate, di realtà dove diritti e doveri non trovano compimento, di inefficienze ataviche che generano rassegnazione, di quel malcontento che trova ascolto nell’illegalità. A pagarne le conseguenze e a scontarne la pena sono sempre i giovani, i figli di quelle realtà dove il diritto allo studio è un privilegio, l’educazione dipende dall’esatta collocazione geografica, dove le scuole sono un miraggio o non godono di quei requisiti degni di un Paese democratico. Ed è la politica chiamata in causa, anche quando Papa Francesco riprende la citazione di Carlo Levi in ‘Cristo si è fermato a Eboli’: “non può essere lo Stato, a risolvere la questione meridionale, per la ragione che quello che noi chiamiamo problema meridionale non è altro che il problema dello Stato”. Una trasfigurazione fantastica della cruda e per certi aspetti drammatica realtà e che attraverso una falsa storiografia imposta dall’alto ha generato confusione e mistificazione di quella che Carlo Borgomeo definisce “un’invenzione che si è risolta in equivoco del Sud” e che ha mostrato un’Italia a doppi, tripli binari ma che in verità si muoveva in direzione diametralmente opposte. ‘Un’invenzione’ che ha trovato nel tempo, governo dopo governo, giustificazioni di scelte calate dall’alto che hanno compromesso lo sviluppo e la crescita di una intera parte del Paese che oggi chiede solo quella “detassazione dal pregiudizio” che non ha più ragione di esistere. Pregiudizi e stereotipi che continuano a seguire quel filo rosso mai reciso del depauperamento di forze, risorse e valide alternative che partendo dal Sud possono offrire un’inversione di rotta nella gestione non solo ma soprattutto dell’economia e dell’impoverimento dell’Italia tutta che si trova ad affrontare una delle crisi più grandi della propria storia. Un sud, quindi, che diventa risposta e soluzione proprio attraverso quel “cambio di rotta” a cui fa riferimento il Vescovo di Roma: “siamo noi a tracciare la rotta. Passo dopo passo. Con i nostri pensieri e con le nostre azioni”. Quelle azioni atte al superamento di uno schema – Nord e Sud – che ha determinato il fallimento di un’intera classe politica e di scelte che non hanno certo seguito l’unità o meglio l’unione ma al contrario hanno creato sempre più gap, divari.
Ma c’è un sud che non si vede ma che esiste ed è quello che Papa Francesco definisce come “doti”: “L’allegria. Il pensare positivo. La resilienza. La generosità”, tutto ciò che unito alle potenzialità, ai grandi patrimoni, alle ricchezze di terre che hanno molto da offrire e su cui investire, diventano la chiave di volta di una anacronistica ‘questione’.
Il sud c’è, quindi, con la sua bellezza e la sua disperazione, c’è con quel l’infinito senso d’identità, appartenenza e felicità che è altro rispetto al metro di misura dell’Unità, dei dati statistici che ne falsano le reali capacità, è espressione di principi e valori che permangono e permeano territori e comunità e che esigono oggi più che mai di ritornare ad essere il movente di azioni rivolte al recupero non soltanto della storia, dei patrimoni ma del senso vero della Politica. Quella Politica, che recuperando concetti come democrazia partecipata, comunità sociale, militanza, ascolto, non ha bisogno di programmi che invano promettono ma diventano essi stessi espressione di gestione della res publica e quindi del bene comune. Questo è il messaggio del Pontefice ma è la voce che si alza unanime per un “Meridione fuori questione”.
Alessandro Crocco
Responsabile L’Italia del Meridione Stati Uniti, America del Nord e Centrale