Una storia tutta calabrese, creata artatamente, fomentando l’astio di paese ma per coltivare interessi privati, quest’ultimi lontani dagli effettivi fabbisogni territoriali.
Il prossimo 22 gennaio, una parte dei cittadini residenti nelle frazioni amanteane di Campora San Giovanni saranno chiamati ad esprimersi, mediante referendum indetto dalla Regione Calabria, per definire i nuovi confini territoriali, ossia l’eventuale o meno secessione di questa parte di territorio da Amantea, per essere poi annessa o meno al Comune di Serra d’Aiello, favorendo la formazione di una nuova identità territoriale denominata Temesa, il nome che fu dell’antica città degli Ausoni, conquistata dai Bretti e dai Greci e poi colonia romana.
Una vicenda grottesca, fuori dal tempo e che sta alimentando tensioni sociali in stile Guelfi e Ghibellini. Nella speranza che il Consiglio di Stato, al quale il Comune di Amantea si è appellato, porrà fine a questa pantomima. É eincredibile come parte trasversale della politica regionale, la stessa che nel recente passato ha partorito processi di fusione a freddo come quello di Corigliano Rossano, oggi sembra, quasi in modo schizofrenico, ripiegare su processi di disgregazione per esclusivo tornaconto elettorale, bypassando riflessioni di opportunità nel merito e lasciando alla pancia dei campanilismi, cinicamente istigati, una scelta così delicata in termini di ricadute sulla governance locale e quindi sulla vita dei cittadini del comprensorio.
La prima delle diverse contraddizioni in essere, è quella degli aventi diritto al voto: infatti, non solo i cittadini di Amantea, la città di riferimento della vicenda, saranno esclusi dall’elettorato attivo nel prossimo referendum insieme ai cittadini delle frazioni a nord del fiume Oliva ma, in caso di secessione di Campora, le altra frazioni di Coreca e Marinella, parti integranti di Campora, resteranno ugualmente con Amantea. Un artifizio creato ad hoc per eludere le norme del TUEL sulle secessioni. Inoltre, non per ordine di importanza, vi sono le ipotetiche future questioni legate alla ripartizione del debito accumulato dai comuni di Amantea e Serra D’Aiello e alla gestione del porto che ricade nella frazione di Campora. Nodi che la legge regionale, istituente il referendum, non scioglie ma soprattutto non discute. Vi è poi il Testo Unico degli Enti Locali, secondo il quale non sono ammissibili scissioni che generino comuni al di sotto dei 10mila abitanti, motivo per cui sono le fusioni ad essere incoraggiate, naturalmente quelle fatte bene che abbiano studi di fattibilità reali nella speranza che le economie di scala generino benefici gestionali e collettivi. Una secessione, quella eventuale del 22 gennaio, che solcherebbe il tracciato della nascita di un nuovo comune, Temesa, con una popolazione leggermente superiore a quella della frazione di Campora, ossia circa 4mila abitanti, mentre Amantea resterebbe con circa 10mila abitanti. Un risultato che determinerebbe la nascita di un nuovo ente dall’inconsistenza economica per garantire perfino i servizi minimi, come la gestione del personale.
Motivazioni più che sufficienti per bandire gli egoismi in una regione che necessita di ben altri processi di riforma e di un nuovo e sano protagonismo delle classi dirigenti. Basti pensare alla continuità costiera tra Amantea e Campora, al Piano di Insediamento Produttivo e alla distanza tortuosa tra Serra D’Aiello e le frazioni in questione per intuire in modo elementare l’ipotetica emarginazione territoriale che un voto favorevole ingenererebbe. Questioni dalla notevole rilevanza politica e sociale, che andrebbero a gravare sulla popolazione del comprensorio, a scapito dei più e a favore dei soliti noti per becero calcolo elettorale. Le ragioni della nascita di nuovi enti dovrebbero sempre essere accompagnate da valutazioni di merito e quindi tecniche, con la consapevolezza delle idee e di una programmazione adeguata. Non avendo ancora strumenti di valutazione oggettivi ed eterogenei sulle opportunità di sviluppo rispetto ai vari contesti territoriali e strutturali, spesso caratterizzati da strumenti urbanistici e dotazioni finanziarie agli antipodi, il rischio è quello di affidare all’irrazionalità ciò che invece la politica dovrebbe dirigere, responsabilmente. Rispolverando la sempre attuale espressione degasperiana, “il politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alla prossima generazione”: ecco, sia la Calabria foriera di nuove sinergie per uno sviluppo sostenibile e a lungo termine delle vocazioni territoriali.
Orlandino Greco
Italia del Meridione