Smaltita la sbronza populista, per colpa della quale una certa visione pressappochista vedeva i comuni e le Province come carrozzoni da sottoporre a dieta dimagrante, la riforma Delrio inizia a trovare l’unanimismo nelle forze politiche che ne chiedono il suo superamento. Da tempo non se ne sentiva parlare, nonostante in passato le Province fossero diventate la fissazione di chi si dichiarava nemico degli sprechi di denaro pubblico e delle poltrone. Nel 2014, infatti, l’abominio di legge partorita dall’allora governo Renzi aveva dato il colpo di grazia a questi importanti enti intermedi, già di loro in difficoltà, al pari dei comuni, per la scarsità di risorse nelle quali erano costretti a muoversi per via del clima austero che si riversava verso quegli enti che meno pesavano sulla spesa pubblica: vennero così privati di competenze, strutture, personale e senza che i componenti fossero eletti a suffragio universale. Oggi la politica sembra fare retromarcia, almeno sul versante Province, e di questo me ne compiaccio perché il ritorno alle Province storiche, unitamente al rafforzamento del ruolo delle Autonomie Locali, è, da sempre, uno dei cavalli di battaglia de L’Italia del Meridione. Seppur resta l’amarezza di constatare come la politica, che dovrebbe guidare i processi di riforma, spesso sia preda dei chiari di luna. Lo svuotamento delle Province, infatti, sembrava la panacea di tutti i mali per i conti dello Stato e invece oggi, dall’inizio del governo Meloni, sono già stati depositati i disegni di legge di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, Partito Democratico, ai quali stanno per aggiungersi quelli del Movimento 5 Stelle e di Italia Viva. Verrebbe da dire: meglio tardi che mai!
In questi anni L’Italia del Meridione è stata tra le poche forze politiche ad affrontare questa tematica, attraverso una serie di iniziative sui territori, in piazze e nelle istituzioni, per dimostrare, numeri alla mano, i danni prodotti al sistema delle Autonomie Locali dalla riforma Delrio. Dopo la riforma, infatti, sono state diverse le problematiche da affrontare. Oggi non si vota più per gli organi provinciali in quanto sono i consiglieri comunali e i sindaci ad eleggere il Consiglio Provinciale e, ogni quattro anni, scelgono il Presidente della Provincia. La stessa cosa vale per le città metropolitane, con l’unica differenza che il Sindaco Metropolitano è di diritto quello del comune capoluogo. Anche in termini di servizi, di fatto, alle Province sono rimaste tre competenze e anche parziali: scuola, viabilità e parte dell’ambiente, con ricadute nefaste per le periferie ed i comuni distanti dalle città. Infatti, secondo i numeri dell’Ufficio valutazione impatto del Senato, alle ex Province sono rimaste in gestione circa 130mila chilometri di strade e 30mila tra ponti, viadotti e gallerie, in molti casi collocate in aree montane, dove spesso non esistono collegamenti alternativi. Vi è poi l’edilizia scolastica, che vede un progressivo calo di iscrizioni per il fenomeno dello spopolamento che caratterizza sempre più i piccoli comuni per la carenza di servizi.
In sintesi, sono tre i vulnus da colmare:
• l’elezione indiretta del presidente e del consiglio provinciale;
• l’incertezza del quadro finanziario in cui operano;
• la difficoltà di riordinare le funzioni di area vasta nel nuovo sistema.
Dunque, in linea con quanto predicato fin’oggi, come IdM auspichiamo un’accelerazione del Governo affinché si approvi una riforma istituzionale che preveda il ritorno all’elezione diretta del Presidente della Provincia, la reintroduzione della Giunta provinciale e la riassegnazione delle funzioni che esercitavano le Province prima dell’introduzione della legge Delrio, per rilanciare e rafforzare il tema e il ruolo delle Autonomie Locali, uno snodo importante anche per il rilancio del Mezzogiorno.
Annalisa Alfano
Segretario Provinciale IdM Cosenza