Quanto infelice e sventurata sia la condizione di coloro che ogni anno emigrano in massa dall’Italia verso le regioni dell’America per cercare mezzi di sussistenza, è così noto a voi che non è il caso di insistervi da parte Nostra. Anzi, voi vedete da vicino i mali da cui essi sono oppressi e che sono stati da molti di voi ricordati con dolore in frequenti lettere a Noi inviate. È deplorevole che tanti miseri cittadini italiani, costretti dalla povertà a mutar patria, incorrano spesso in angustie più gravi di quelle cui vollero sfuggire”, così le parole di padre Scalabrini per descrivere la situazione nella popolazione italiana dopo il 1861 (anno in cui ricorre la mala unità d’Italia).
Oggi, dopo quel lungo processo di canonizzazione, Giovanni Battista Scalabrini diventerà santo. Un uomo di fede ma di grande tempra che lottò contro miseria e sfruttamento ma legando la sua memoria al sostegno e all’attenzione verso gli emigranti italiani. Nel 1887 scrisse ‘L’emigrazione italiana in America’, a cui fece seguire un’azione ancor più diretta, istituendo la Congregazione di San Carlo con missionari per l’assistenza religiosa e sociale degli emigrati italiani nelle America.
Sentìì parlare per la prima volta di Monsignor Scalabrini nel 2004, a Chicago, durante la festa dei calabresi organizzata dalla famiglia Turano, in quell’occasione ebbi modo di visitare il Convento dei Padri Scalabriniani dove veniva, in qualche modo, custodito tutto l’orgoglio italiano di chi negli anni aveva costruito grattacieli e fondato città in America.
Mai come in questo momento l’esempio di uomini come Giovanni Battista Scalabrini suonano come un monito e ci chiamano alla riflessione, perché oggi più di ieri c’è chi intende alzare barricate, abbattere ponti, guardando l’altro, come l’estraneo invasore e causa di tutti i mali di un Paese che ha, forse, dimenticato di soffrire e subire esso stesso quel fenomeno dell’emigrazione. Gli emigranti di ieri sono gli immigrati di oggi, che si muovono da paesi diversi, con culture diverse e colore della pelle diversi.
Ritornare all’uomo significa ridare valore alla persona umana senza distinzioni di sesso, di razza, di religione, di territori.
Operare per la pace impone abbattere di divari, riscoprendo la storia e studiando le conquiste dell’ umanità e lottando per superare le tante questioni.
Ed ecco che il pensiero va a Pasquale Saraceno, ad Alcide De Gasperi, o a Gramsci, solo per citare chi non del sud ha riconosciuto nella “questione meridionale”, una questione etico-politica e ha contribuito con la loro azione allo sviluppo materiale del Mezzogiorno. Esempi a cui dovrebbero tendere e guardare personaggi come Salvini, che anche dopo una chiara debacle elettorale, rivendica posizioni al quanto neutrali cercando di cancellare una storia politica di offese e denigrazioni nei confronti delle regioni meridionali e della popolazione del sud, in un tentativo maldestro alimentato da continui proclami populisti orientati all’individuazione di un nemico e alla strategia della paura. E anche chi ancora scalpita per dividere il nord dal sud e avanza pretese e richieste sempre più inique e sperequative che continuano ad alimentare gap e divari.
L’apostolo dei lavoratori costretti a lasciare la propria terra d’origine, affermava che «i diritti dell’uomo sono inalienabili e quindi l’uomo può andare a cercare il suo benessere ove più gli talenti» e non solo, inoltre, sosteneva che «l’emigrazione, forza centrifuga, può diventare, quando sia ben diretta, una forza centripeta potentissima» capace di «immenso profitto», così lo fu per l’America. Ma quel messaggio è una chiara lettura di quello che impedisce a questo Paese di crescere mentre il Meridione rappresenta quella vera “forza centripeta” a cui guardare per superare le sue ataviche “questioni”.
Orlandino Greco